Successivamente
alla scoperta della cripta sotterranea,
Sauniere studia per ben due anni
le pergamene ma, estremamente
povero dal lato culturale ed intellettuale,
non riesce a giungere ad alcuna
conclusione.
Le mostra quindi al vescovo Billard
di Carcassonne (probabilmente
il suo fiancheggiatore e protettore
nelle alte sfere ecclesiastiche)
che lo indirizza a Parigi presso
l’editore Anè, il
cui nipote era il celebre Emile
Hoffet, giovane seminarista del
convento di S.Sulpice, grande
esperto di criptografia e lingue
antiche.
Durante il soggiorno acquista
le riproduzioni di alcuni quadri
conservati al Louvre, tra cui
“Les Bergeres d’Arcadie”
(“I pastori d’Arcadia”).
Questo
“Bergeres d’Arcadie”
(Fig.6) venne
dipinto nel 1640 da Nicolas Poussin,
un pittore francese vissuto per
lungo tempo a Roma alle dipendenze
del Papa. Alcuni studiosi ritengono
che Poussin fosse una sorta di
pittore–iniziato a misteriose
pratiche di tipo esoterico, riguardanti
le origini del cristianesimo e,
nello specifico, le dottrine facenti
riferimento alla corrente gnostica.
In particolare è utile
citare la lettera che l’abate
Fouquet spedisce al fratello Nicolas
Fouquet (ministro delle finanze
di Luigi XIV) dopo un incontro
avvenuto a Roma con Poussin:
"...Poussin ed io abbiamo
progettato tante cose, su cui
potrò dirvi approfonditamente
tra poco tempo, che ci daranno,
secondo Monsieur Poussin, dei
vantaggi che i Re avrebbero grande
difficoltà ad ottenere
da lui e che, dopo di lui, probabilmente
nessuno riuscirà, nei secoli
a venire, a procurarsi...sono
cose così difficili da
trovare che non c'è sulla
terra nulla che possa valere di
più..." (M. Bizzarri-F.Scurria,
Sulle tracce del Graal, Ed.Mediterranee,
1996, pag. 60).
Il quadro in questione è
stato dipinto secondo il celebre
principio geometrico della “proporzione
aurea” e rappresenta
una tomba su cui è possibile
notare l’iscrizione “ET
IN ARCADIA EGO…”
(E in Arcadia Io…).
Una Regina (sandali e veste d’oro)
osserva alcuni pastori, intenti
a decifrare la misteriosa iscrizione.
Uno di questi pastori indica l’uomo
barbuto, il quale sembra a sua
volta additare l’iscrizione
“ET IN ARCADIA EGO…”.
Il suo dito punta in particolare
verso la parola “ARCA”
(in latino “Tomba”).
Elemento singolare inoltre (secondo
una teoria formula dal giornalista
G. De Sede) è rappresentato
dal fatto che il dito del pastore
barbuto indichi proprio la lettera
“R”. Anticamente
Rennes era infatti chiamata “RHEDAE”,
che deriva a sua volta dalla lettera
runica “RAIDA”,
la cui trascrizione latina è
proprio la lettera “R”
del nostro alfabeto.
Ma la scoperta più sensazionale
è emersa ponendo a confronto
il paesaggio rappresentato alle
spalle della scena arcadica con
quello che circonda Rennes-le-Château.
Nei
pressi del villaggio di “Arques”
infatti, a 5-6 Km da Rennes-le-Château,
è stato scoperto negli
anni ’70 un cenotafio (Fig.7)
simile in tutto e per tutto a
quello rappresentato da Poussin
(alle spalle è presente
infatti lo stesso identico paesaggio
riprodotto nel quadro).
Gli abitanti della zona dicono
che vi sia sempre stato, secondo
alcuni studiosi di storia locale
sembra invece sia stato edificato
agli inizi del ‘900, su
un tumulo preesistente.
La tomba di “Les Pontils”
(sobborgo del villaggio di Arques)
oggi non esiste più: il
proprietario (un americano che
vi aveva temporaneamente seppellito
la madre) l’ha fatta saltare
in aria nel 1988, esasperato dai
curiosi che penetravano ininterrottamente
nella proprietà per ispezionare
il sepolcro.
Prima di dipingere la versione
del 1640 Poussin aveva però
dipinto un’altro quadro
(1630) molto simile ai “Bergeres”,
quasi un’anticipazione dei
temi che ritroveremo raffigurati
dieci anni dopo (Fig.8).
In
questa prima versione mancano
gli elementi che situano geograficamente
la scena arcadica, quasi a rivelare
un “deficit”
di conoscenza da parte di Poussin.
Un Poussin che, dieci anni dopo,
riprende lo stesso tema, arricchendolo
di nuovi particolari, ed evidenziando
perciò un'acquisizione
di "consapevolezza"
esoterica certamente più
complessa.
In questa prima versione sono
sempre presenti il pastore barbuto
e la “regina”
ma appare inaspettatamente un
nuovo e misterioso elemento (ovvero
il teschio sopra la tomba su cui
è iscritta la consueta
frase “Et in Arcadia
Ego…”) e soprattutto
viene evidenziata la presenza
di una sorgente al di sotto della
tomba (anche nei “Bergeres”
del 1640 esisteva inizialmente
un corso d’acqua ai piedi
dell’arca sepolcrale ma
successivamente una mano ignota
lo ha eliminato).
L’acqua potrebbe essere
un riferimento velato a Rennes-les-Bains,
località conosciuta e celebrata
per le sue sorgenti d’acqua
termale (sfruttate sin dai tempi
dei romani) e considerata a pieno
titolo la sorella gemella di Rennes-le-Château
(tra i due paesi vi sono circa
3-4 Km in linea d’aria).
Rennes-les-Bains era inoltre,
sul finire dell’Ottocento,
il villaggio in cui viveva uno
degli amici più intimi
e fraterni di Sauniere (probabilmente
anche uno dei suoi principali
finanziatori) ovvero Henri Boudet,
parroco di Rennes-les-Bains, personaggio
colto e stravagante (autore tra
l’altro di una enigmatica
e indecifrabile opera intitolata
“La vraie langue celtique,
ou le cromlech de Rennes-les-Bains”)
che ebbe gran rilievo nella misteriosa
vicenda di Sauniere.
Ritornando ai dipinti è
anche possibile evidenziare un
altro quadro, del 1618, che presenta
gli stessi elementi raffigurati
da Poussin.
E’
un dipinto del Guercino,
un pittore italiano dei primi
del Seicento, vera fonte d’ispirazione
per Poussin (Fig.9).
Ancora una volta ritroviamo il
pastore barbuto, il teschio, l’acqua
e l’enigmatica iscrizione
“Et in Arcadia
Ego…”,
che identifica anche il titolo
del dipinto.
Sauniere torna a Rennes-le-Château
dopo il breve soggiorno parigino
completamente trasformato.
In particolare trascorre intere
giornate, nel più completo
isolamento, nella zona boschiva
compresa tra Rennes-le-Château
e Rennes-les-Bains, in particolare
nell’area compresa tra “l’Homme
mort”, “La
sorgente della Maddalena”,
il paesino di “Lavaldieu”
(“La valle di Dio”)
e la “poltrona del Diavolo”.
Nel
corso di queste gite quotidiane
(Fig.10),
il parroco si procura degli enormi
“pietroni” (che lui
stesso trasporta faticosamente
sino a Rennes-le-Château)
con cui costruirà successivamente
una sorta di “grottino”
inserito all’interno di
un giardino, che da lì
a poco farà costruire a
fianco della chiesa (dove inserirà
anche la “dalle”
e il "pilastro").
All’interno del grottino,
fa incidere queste enigmatiche
lettere:“KXSLX”
Inizia poi una serie di misteriosi
scavi notturni nel cimitero antistante
la chiesa, aiutato dalla sua “perpetua”
Marie Denarnaud. Al mattino le
tombe risultano scoperchiate,
le ossa sparse nel cimitero, le
lapidi divelte.
Fioccano una serie di denuncie
da parte degli abitanti di Rennes-le-Château
ma Sauniere prosegue senza indugi
con le proprie attività
notturne, totalmente incurante
delle opinioni dei propri concittadini.
Finalmente il 21 settembre del
1891 (registrata nel suo diario
con la seguente annotazione: “Lettera
da Granès, scoperta di
una tomba. La sera pioggia.”)
il parroco riesce ad identificare
la tomba giusta, molto probabilmente
la tomba di Marie de Negre d’Ables,
d’Hautpoul et de Blanchfort,
ultima discendente delle nobili
famiglie che avevano governato
Rennes-le-Château a partire
dal 1100.
La tomba è formata da due
lapidi, scolpite addirittura dal
confessore della stessa Marie
de Negre, l’abate Bigou,
parroco di Rennes-le-Château
nel 1781, anno in cui era morta
la nobildonna.
Bigou sembra anche essere il responsabile
dell'occultazione dei documenti
nel pilastro e degli oggetti preziosi
nella cripta, costretto poi, suo
malgrado, ad abbandonare gli oggetti
per fuggire in Spagna a seguito
della rivoluzione francese (in
quanto giudicato colpevole per
non aver giurato fedeltà
alla rivoluzione).
Bigou, secondo il parere di molti
studiosi del mistero di Rennes,
aveva scolpito solo una delle
due lastre che componevano il
sepolcro della marchesa: molto
probabilmente l'altra (quella
contenente le parole “Reddis,
Regis, Cellis, Arcis”) sarebbe
stata prelevata dallo stesso Bigou
dalla tomba di “Les
pontils” (per intenderci
quella raffigurata da Poussin),
asportata e posta successivamente
come pietra sepolcrale per la
tomba di Marie de Negre.
L'iscrizione
(Fig.11) è
piena di errori d’ortografia,
molto probabilmente intenzionali
(quasi a lanciare una sorta di
messaggio in codice) e nello specifico
risalta, su tutto il testo, l’ultima
scritta posta inferiormente, una
frase che agli occhi di una persona
di lingua francese potrebbe risultare
alquanto equivoca e particolarmente
sgradevole: “REQUIES CATIN
PACE” al posto dell’usuale
“REQUIESCAT IN PACE”.
“Catin” in
francese ha ancora oggi il significato
di “Prostituta” (in
senso fortemente spregiativo)
e l’errore, più o
meno involontario dello scalpellino,
ha di fatto contribuito a creare
una serie interminabile di ipotesi
e illazioni sul reale contenuto
della tomba.
La traduzione italiana della lapide
dovrebbe risultare, nella sua
versione corretta, questa: “QUI
GIACE LA NOBILE MARIE DE NEGRE
D’ABLES –NON D’ARLES-
SIGNORA D’HAUTPOUL E BLANCHFORT,
DECEDUTA ALL’ETA’
DI 67 ANNI IL 17 GENNAIO 1781,
RIPOSI IN PACE”.
“Marie d’Arles,
prostituta” potrebbe
far riferimento alla Maddalena,
che la tradizione popolare vuole
sbarcata con le altre due Marie
(Maria Jacobi e Maria Salomè)
sulla costa provenzale, vicino
ad Arles (villaggio di “Les
Saintes Maries de la Mer”,
“Le Sante Marie del Mare”).
La leggenda narra anche che la
Maddalena avesse portato con sé
proprio il leggendario “Graal”,
un oggetto dai poteri straordinari
e taumaturgici, nascosto successivamente
in una grotta, proprio nei pressi
di Rennes-le-Château.
L’altra parte della lapide
è rappresentata nella foto
a fianco (Fig.12).
Molto probabilmente asportata
dalla tomba di Arques (quella
rappresentata nel quadro di Poussin)
la lapide presenta sui lati la
frase “ET IN ARCADIA EGO…”,
scritta in greco.
Le altre lettere latine non sono
declinate in maniera corretta
ma fanno riferimento ad una stanza
sotterranea (CELLIS) ad un Re
(REX-REGIS) ad una fortezza (ARX-ARCIS)
e all’antico nome di Rennes
(REDDIS).
La
tomba della marchesa (Fig.13)
avrebbe dovuto trovarsi, a rigor
di logica, nella cripta di famiglia,
all’interno della chiesa
di Rennes-le-Château.
Contrariamente a questo fondamentale
principio i resti di Marie de
Negre erano fuori, a stretto contatto
con le tombe dei popolani. Sauniere
molto probabilmente aveva compreso
che nella cripta vi era un’altra
tomba della marchesa e che in
quella presente nel cimitero doveva
esservi contenuto dell’altro.
Cosa? Rimane un mistero.
Sauniere restò sempre molto
entusiasta di questo ritrovamento,
tanto che successivamente alla
sua morte venne scoperto un collage
fatto da lui stesso con pezzi
di giornale in cui era presente
un Gesù bambino sorretto
da 3 angeli con, al di sotto,
questa strana didascalia: “L’anno
1891 portato nell’eternità
con il frutto di cui si parla
più sotto” e
al di sotto una seconda immagine
dei Re magi con scritto:”
Melchiorre, ricevi oh Re l’oro
simbolo della regalità;
Gasparre ricevi la Mirra, simbolo
della sepoltura; Baldassarre ricevi
l’incenso, tu che sei Dio..”
(M. Bizzarri-F.Scurria, Sulle
tracce del Graal, op. cit.,
pag. 28)
Le lapidi verranno in seguito
asportate da Sauniere dalla tomba
e successivamente (nel 1908) fatte
a pezzi dallo stesso. Fortunosamente,
nel 1905, una spedizione della
“Società Scientifica
dell’Aude” riuscì
a riprodurre graficamente le iscrizioni,
riportate in seguito nel bollettino
della società stessa, circostanza
di cui Sauniere non si sarebbe
mai accorto.