L'ECO DI BERGAMO, 19 Maggio 1950
Battuta la "teoria generalizzata" di Einstein?
Todeschini visto da Genova
L'opera dell'illustre concittadino Ing. Marco Todeschini è già stata ampiamente illustrata su queste pagine. Riteniamo però interessante , per fornire un esempio della stima di cui egli gode anche fuori della cerchia cittadina, pubblicare questo brillante articolo apparso sul "Il Nuovo Cittadino" di Genova in data 13 maggio, certi di fare cosa gradita ai lettori, che con tanto interesse hanno sempre seguito la diffusione delle teorie dell’Ing. Marco Todeschini.
Le leggi unitarie che dominano la materia, dall’atomo
alle stelle, e che Einstein ha detto di aver raggiunto ora, sono
state trovate, già da tempo, dallo scienziato bergamasco
Ing. Marco Todeschini, il quale ha unificato il campo di tutti
i fenomeni fisici collegandoli a quelli biologici e psichici in
una scienza nuova denominata: Psicobiofisica, scienza che consegue
la sintesi dell’universo.
Ce n’è abbastanza.
Almeno per la mia abissale ignoranza in fatto di Fisica, ignoranza
che mi umilia, ma di cui non ho colpa.
Risale al Liceo: e ricade sul Ministero dell’Istruzione.
Non si può pretendere che a diciassette anni si studino
delle formule - precise, logiche, rigide formule – quando
la fantasia prepotente si snoda, labile voluta immensa fatta di
sogni, risonanza misteriosa fatta di attesa e di palpiti, sul
magico mondo del Foscolo, o quando il cuore si piega – prima
sosta pensosa nella corsa breve della giovinezza – sui versi
del Leopardi.
Non si può pretendere questo. Perché a diciassette
anni tutti sono romantici e non possono studiare davvero al Fisica.
Pure, anche se la studiassero, di fronte a un così pauroso
avanzarsi della conquista scientifica che arriva, ansante ed esatta,
sui culmini della conoscenza, non potrebbero osservare –
come me, forse tutti – che un reverente silenzio.
Tutti uguali dunque, e non c’è nulla di male, di
fronte ad una notizia di cui per ora non possiamo che afferrare
un aspetto, laterale, forse e inferiore ma accessibile alle nostre
prime reazioni: che uno scienziato italiano, con una serietà
indiscussa di studio, documentata da pubblicazioni di alto livello
culturale e con un interesse che ha smosso anche i diffidenti
inviati della stampa estera, ha dichiarato non una banale battaglia
di invidia, ma un suo consapevole diritto di priorità davanti
a quanto uno scienziato straniero – e con un nome grandissimo
come è quello di Einstein – ha asserito di aver scoperto
per primo.
E’ troppo superiore alla nostra conoscenza entrare nel vivo
della questione: ma pur senza farlo è innegabile che una
scienza che non si limita ad unificare sotto un solo universale
denominatore tutti i fenomeni fisici, ma li compendia prendendo
in considerazione anche l’essere animato che li percepisce
e li traduce, attraverso la ragione, in un suo concetto, sia scienza
più vasta e più completa che non quella che trascura
questo essere e il meraviglioso mistero della sua sensazione.
Superiore dunque la Psicobiofisica di Todeschini alla “Teoria
generalizzata” di Einstein?
E’ la nostra speranza: che qualcuno dirà ingenua,
come viziata dal sentimento, e altri dirà condannevole
perché avvelenata dal nazionalismo.
Ma non vorremmo condanne. E’ bello pensare che il progresso
è di tutti gli uomini, senza distinzione di terra: ma è
anche bello pensare che sulle pietre miliari di questo progresso
sia scritto il nome della nostra Italia.
Soprattutto oggi che l’Italia ha così poca voce nel
mondo dimentico, e così fioca che nemmeno si sente il suo
talento, dal fondo del pozzo dove è caduta per annegare
in un miscuglio ubriacante e falso di Coca Cola e di Vodka.
Di questa speranza dirà il tempo: dirà il mondo
scientifico che ha già conosciuto in due congressi internazionali
l’annuncio di Todeschini e che oggi può consultarla
in un opera definitiva (Teoria delle apparenze, edita dallo Istituto
di Arti Grafiche di Bergamo) quando Einstein pur preannunciandole,
ha ancora da dare alla luce quelle venti pagine il cui contenuto
egli ha detto che sarà accessibile forse soltanto a cinque
cervelli in tutta l’umanità, e che dovrebbe condensare
le formule esatte della sua ricerca.
Porre dunque con una divulgata e comprovata diffusione le basi
di una priorità secondo giustizia, e tra tanti e misconosciuti
apporti del nostro Paese, darne ancora uno nuovo ma con intenzione
che non segua la sorte degli altri: giovare insieme alla scienza
di tutti come al troppe volte ingiustamente frustrato orgoglio
della nostra terra, tutto questo è quanto è necessario
fare.
Sappiamo che lo scienziato bergamasco sta per iniziare nelle varie
città italiane una serie di conferenze a questo scopo,
illustrando in schemi piani e accessibili a tutti (forse anche
ai romantici) l’ossatura principale della sua opera: sappiamo
che entro questo mese, sempre che i suoi impegni glielo consentano,
egli ha promesso di dedicare una giornata a Genova, dove la Commissione
Culturale dell’Associazione dei Giornalisti curerà
un suo incontro col pubblico.
E lo attendiamo, con un interesse ancora più profondo dell’abissale,
se pur incolpevole nostra ignoranza in fatto di fisica.
Giuseppe V. Grazzini