IL POPOLO 14, Giugno 1963

Relatività e apparenze

Verso la relatività einsteniana si registrano, in genere, tre atteggiamenti diversi e piuttosto precisi.
Incondizionata adesione all’edificio matematico einsteniano, piena fiducia nei riguardi dell’algoritmo relativista, ma serrata critica della interpretazione einsteniana, totale sfiducia nei riguardi così della costruzione analitica come delle varie interpretazioni ripartiscono la totalità degli studiosi in tre blocchi distinti anche se, all’interno, non troppo serrati.il blocco degli incondizionati sostenitori è stato, a più riprese, messo in crisi dallo stesso Einstein che, più volte, ha mutato le sue opinioni sulla concezione dell’universo e che, poco prima della sua scomparsa, ha francamente dichiarato che siamo ben lungi dal possedere un patrimonio chiaro e accettabile di conoscenze relative al mondo fisico. I critici della interpretazione einsteniana, prima considerati alla stregua di “nostalgici” di una spiegazione “intuitiva” dell’universo, oggi sono legione. Basterebbe pensare a quella corrente di epistemologi e fisici sovietici che, con un certo ritardo rispetto all’occidente, affronta tale problema allo scopo di rendere compatibile la teoria einsteniana con un materialismo storico dialettico opportunamente ritoccato così da riscattarlo dall’ingenuo meccanicismo primitivo. Un materialismo dialettico e storico che ovviamente, nonostante i più abili equilibrismi, si riesce a mettere ormai in sintonia con una decina, al più, di proposizioni estratte faticosamente dalla pesante opera di Marx e Lenin orientando la scelta tra quelle caratterizzate dalla più consolante genericità.
In Italia un’opera pioneristica nei riguardi di una corretta interpretazione scientifica della relatività einsteniana è stata svolta sin dal 1946 da Valerio Tonini. Tonini ha dimostrato la non necessità ed il carattere gratuito del secondo postulato di Einstein – quello che suona, all’incirca, “la velocità della luce nel vuoto è la stessa in tutti i sistemi di riferimento in moto uniforme gli uni rispetto agli altri” – mediante un lungo e diligente lavoro che gli ha fruttato più fatica che notorietà. In sostanza il pensiero dei “relativisti”, fedeli all’algoritmo ma dubitosi della spesso incoerente filosofia einsteniana, non considera neppure la possibilità di rinunciare agli sviluppi delle metriche non euclidee, delle varietà di tipo riemaniano e del calcolo differenziale assoluto che hanno portato a quei concetti di covarianza e di tensorialità, che rappresentano il paradiso delle più ardue e difficili concezioni matematiche e che si vogliono considerare quali simboli di una profonda esigenza strutturale di “campo” nella quale geometria e fenomeni fisici sarebbero solidamente correlati.
L’immenso apparato matematico non ha consentito purtuttavia, nonostante i tentativi di diversa e più raffinata interpretazione filosofica, di superare i dubbi e le impotenze relativiste, cosicchè in importanti consessi di fisici è oiù volte suonata la voce di studiosi eminenti (Oppenheimer a esempio) che invitava a lasciar da parte “relatività” e “quanti” e ad adottare “nuovi principi unificatori”.
Questo recentissimo atteggiamento dà in un certo senso ragione alle “prevenzioni” antirelativiste di fisici illustri, quali Quirino Majorana, e rende particolarmente attuale un esame critico di quelle rare opere dell’ultimo cinquantennio in cui sono state avanzate tesi contrarie e diverse da quelle della relatività.
Tra queste, più volte è accaduto di sentire motivare “La teoria delle apparenze” di Marco Todeschini.
La teoria di Todeschini si presenta come un qualcosa di veramente avvincente. Non soltanto sembra estendere la sua applicabilità dal campo fisico a quello biologico e psichico, ma consentirebbe altresì di affrontare lo studio dell’universo ricorrendo a enti di ragione matematici piuttosto elementari, come la geometria euclidea, o relativamente facili, come il calcolo differenziale, già applicato con tanto successo allo studio della meccanica classica di Galileo e Newton. Un insieme di vantaggi veramente troppo seducente per non suggerire l’opportunità e il desiderio di un dialogo approfondito in argomento.
La scienza nel suo cammino, ci ha offerto numerose e sconcertanti sorprese. Un ritorno al semplice e a un grado minore di complessità degli algoritmi e delle teorie rappresenterebbe davvero un fatto imprevedibile e altamente auspicabile.

Patrizio Flavio