CENTRO RICERCHE BIOPSICHICHE – PADOVA – 1964
LA PIU’ ALTA RIVELAZIONE DELLA FISICA MODERNA
Nel cosmo si verifica solo la relatività di Galileo e non quella di Einstein
Il progresso della scienza è strettamente legato allo sviluppo
delle teorie fisiche, cioè a quei sistemi di concetti e
di esperimenti con i quali l’uomo ha tentato di ricostruire
l’immagine del mondo.
E’ facile constatare poi che le varie teorie fisiche a loro
volta si suddividono in due grandi categorie: quelle che hanno
per base la relatività di Galileo e quelle che si appoggiano
invece sulla relatività di Einstein.
Il grande problema del nostro secolo consiste quindi nel comprovare
quale delle due relatività si verifica effettivamente nell’universo.
Per tale scopo è di somma utilità quanto il Prof:
Capellini dell’Università di Firenze ha esposto nello
scritto intitolato: “Che cosa intende il matematico per
vero e per falso”.
Tale scritto ha infatti un’importanza fondamentale, perché
da esso si evince che le condizioni indispensabili per giudicare
se una teoria scientifica è vera o falsa, sono due, e cioè:
1 – Che il postulato posto a base della teoria in esame
non sia in contrasto con nessuna delle specifiche branche della
matematica.
2 – Che tale postulato non sia in contrasto con i risultati
sperimentali.
L’utilità di queste due condizioni di indiscutibile
e sicura rigorosità, ci dovrebbero consentire di decidere
alfine se è la relatività di Galileo, oppure quella
di Einstein che risponde alla realtà fisica.
La prima, come è noto, ci assicura che se un viaggiatore
si sposta alla velocità C entro la vettura di un treno,
mentre questo corre nella stessa direzione e senso con velocità
V sulle rotaie, la velocità assoluta W di quel viaggiatore
rispetto ad un osservatore immobile sulla strada ferrata, risulta
dalla somma delle due velocità componenti predette, cioè:
W = C + V (I)
Ora se si immagina che invece del viaggiatore
sia un raggio di luce che con velocità C si sposta da un
punto all’altro della Terra, e si considera come questa
una vettura che corre intorno al Sole con velocità V nella
stessa direzione e verso del raggio, avremo parimenti che la velocità
W di tale raggio rispetto ad un osservatore immobile che non partecipa
al moto di rivoluzione del nostro pianeta, sarà ancora
quella espressa dall’equazione I .
La relatività di Einstein invece, essendo basata sul postulato
della costanza della velocità della luce rispetto a qualsiasi
osservatore, ci dice che la velocità risultante è:
C = C + V (II)
Tutti possiamo notare che questa è
una falsa eguaglianza, poiché non può essere che
la somma di due addendi diversi da zero, sia eguale ad uno solo
di essi.
La II contrasta quindi con l’algebra, e sostituendo alle
lettere le cifre corrispondenti alle velocità considerate.
È in contrasto con l’aritmetica elementare. Se poi
ai simboli letterali di tale equazione si sostituiscono le due
frecce (vettori) di lunghezza proporzionale alle velocità,
si vede che contrasta con la cinematica classica, e se infine
si considerano gli spazi relativi percorsi nell’unità
di tempo, si trova che la II è in contrasto anche con la
geometria euclidea, la quale ci assicura che la somma di due segmenti
rettilinei è pari al segmento additivo delle loro singole
lunghezze.
Perciò il postulato della costanza della velocità
della luce non soddisfacendo alla prima delle due condizioni sopra
citate per essere ritenuto rispondente alla realtà fisica,
avrebbe dovuto essere abbandonato.
Einstein invece, ritenendo tale principio comprovato dall’aberrazione
astronomica della luce e dall’esito dell’esperimento
Michelson, lo impose come postulato, e per eliminare il grave
contrasto di esso con i vari rami della matematica, sostituì
quest’ultimi, con una nuova relatività che infrange
quella di Galileo, con una geometria non euclidea, in modo che
queste potessero giustificare la falsa eguaglianza (II) sopra
descritta.
Ora è evidente che cambiare le matematiche quando i conti
non tornano è un arbitrio che se venisse accolto nel campo
economico porterebbe al fallimento qualsiasi azienda e nazione,
e se venisse accolto dalla scienza , introdurrebbe in essa infinite
concezioni erronee, con le relative infinite cinematiche e geometrie
atte a giustificarle, cosicchè non sarebbe più possibile
stabilire quali di esse scegliere per vagliare il vero dal falso:
allo stesso modo come non si potrebbe stabilire la rotta di una
nave in base a miriadi di bussole che indicassero direzioni differenti
del polo magnetico terrestre. La scienza verrebbe privata del
calcolo che è il suo più formidabile strumento di
indagine e di controllo, il valore più certo e sicuro di
ogni postulato o teoria.
Tuttavia anche volendo rescindere da tale considerazione, resta
chiaro che la nuova relatività e geometria ideate da Einstein,
sono da ritenersi attendibili esclusivamente se il postulato della
costanza della velocità della luce, e quindi della sua
insuperabilità, si verifica effettivamente in natura. Ma
ciò non risulta, come dimostrano i seguenti fatti.
Nel 1953 lo scienziato americano Harold Peake del Laboratorio
di Ricerche della Marina, ha provocato in un tubo a raggi catodici
lo spostamento di una macchia luminosa ad una velocità
superiore di quella della luce de ben 22000km/sec.
Successivamente nel marzo del 1956, al Congresso della Società
di Fisica Americana, lo scienziato Hoppenheimer ha notificato
che il comportamento delle antiparticelle e lo svolgimento dei
fenomeni subatomici sono in contrasto con la relatività
di Einstein ed in armonia con quella di Galilei, e che perciò
occorre ritornare alla fisica classica.
Infine nel gennaio del 1961, il Prof: Todeschini del Centro Internazionale
di Psicobiofisica di Bergamo, con una serie di prove sulla trasmissione
della luce ha potuto dimostrare analiticamente e sperimentalmente
che l’aberrazione astronomica, l’esito degli esperimenti
di Michelson, di Fizeau, di Mossbauer, l’effetto Doppler
e quello Kaufmann, sono spiegabili e conciliabili tra di loro
solamente con la cinematica classica e perciò smentiscono
il postulato della costanza della velocità della luce.
Tale postulato quindi risulta in contrasto con le matematiche
e con l’esperimento.
Ne segue che la relatività ristretta e generalizzata di
Einstein che ha per base il postulato in parola, non soddisfa
alle due condizioni indispensabili sopra citate per essere ritenuta
vera.
L’enorme importanza di tale risultato si può valutare
dal fatto che la determinazione della relatività che si
verifica nell’universo, consente uno sbalzo progressivo
a tutte le scienze, sopra un terreno di solide realtà che
apre immensi orizzonti al pensiero scientifico ed alle sue applicazioni
pratiche.
Il Prof: Todeschini infatti, in base all’accertata validità
generale della relatività classica, ha potuto elaborare
una teoria cosmica unitaria, la quale con procedimenti analitici
e sperimentali svela come si esplicano e sono collegati tra di
loro i fenomeni fisici, biologici e psichici, ne determina le
precise relazioni matematiche reciproche e di assieme, coordinandoli
tutti in un sublime disegno unitario del mondo, che è stato
giudicato il più chiaro, razionale ed attendibile dei nostri
giorni.
Il lettore che si interessa dei suddetti argomenti e che desidera
avere elementi precisi in merito, può leggere il libro
dal titolo “La Teoria delle Apparenze” dell’ingegnere
Marco Todeschini, pubblicato nel 1949 dall’Istituto Italiano
d’arti Grafiche di Bergamo.
Il lavoro di Todeschini risponde a tutte le esigenze della cultura,
della intelligenza e del buon senso per spiegare la complessa
vita dell’universo e del cosmo.
Vincenzo Coresi