L’AVVENIRE D’ITALIA 29 Ottobre 1963

La semplificazione del pensiero fisico

Secondo la “teoria delle apparenze” di uno studioso italiano, l’universo sarebbe spazio in movimento

La storia della fisica è, in gran parte, rappresentata dalla storia delle “ipotesi” fisiche, e cioè dalla evoluzione di quei sistemi di concetti e di misure con i quali l’uomo ha tentato di rappresentare l’immagine del mondo.
Semplici parole come “forza”, “inerzia”, “gravitazione”, aggiuntesi alle più antiche di “spazio”, “tempo” e “velocità” nel “secolo di Galileo”, hanno segnato l’avvio di uno dei cicli più intensi e più suggestivi della storia umana. Solo oggi ci andiamo però accorgendo che, anche nel dominio delle scienze esatte, vale il principio di Thomas che, generalizzato, afferma la ripercussione degli enunciati ritenuti come reali sulla determinazione dei fatti reali stessi. Le scienze non occupano dunque più una posizione privilegiata, anche se è da ascrivere a loro intramontabile merito la duplice gloria di avere sviluppato strumenti metodologici e linguistici di una meravigliosa potenza e insieme di aver dimostrato che il grado di “rischio” cresce in rapida e diretta proporzione con il crescere della generalità e della raffinatezza di ogni singolo sistema.
Sotto questo punto di vista la “relatività galileiana” con i suoi concetti di “punto materiale”, “forza”, “sistema inerziale”, ecc. rappresenta già un sistema abbastanza raffinato. La “relatività galileiana”, con tutta sviluppata sulla scelta del sistema sempre più “forte” (A. Einstein “il significato della relatività”) e ciò spiega il grado di rischio molto elevato insito nelle teorie dello studioso ginevrino. Lo stesso esperimento infatti (e cioè la previsione confermata) è sottilmente bivalente a causa del carattere solamente intuitivo della corrispondenza tra le teorie formalizzate e il mondo dei fatti osservabili. Previsioni corrette erano perciò possibili anche con la strana astronomia pre-copernicana ingombra di cieli cristallini, di sfere e di epicicli. Due diversissime teorie possono giustificare o prevedere lo stesso risultato in piena concordanza. In sostanza il “fatto in sé”, in scienza come in politica, è suscettibile di mille diverse interpretazioni e valutazioni.
Mao Tse Tung ritiene che lo sterminio nucleare di metà del genere umano sia un bene se legato alla instaurazione del comunismo, ma il resto del genere umano (cinesi esclusi) è unanimemente concorde, da Krusciov a Kennedy, nel ritenere un comunismo realizzato a tale prezzo alla stregua di una deplorevole infamia! Come si vede, anche in una teoria piuttosto semplicistica e grossolana come il marxismo i rapporti con le realtà sono così arbitrari, da non consentire unanimità di giudizio su eventi essenziali, mentre teorie anche molto diverse possono portare ad aree di convergenza del giudizio abbastanza vaste.
In fisica le cose non stanno diversamente e la grande incertezza sui problemi di fondo giustifica la continua ricerca di qualcosa di nuovo, di audace e di semplice nel dominio della fisica teoretica.
Il sospetto verso i sistemi “forti” della fisica relativistica e verso i complessi apparati del calcolo tensoriale ha mosso da anni uno studioso italiano, Marco Todeschini, a tentare di affrontare l’universo dei fatti osservabili (dalla fisica alla biopsichica) attraverso una costruzione (teoria delle apparenze) fondata sulla relatività galileiana e sul calcolo differenziale.
Secondo la teoria del professor Todeschini e la corrispondente interpretazione di esperimenti recenti (“Esperimenti decisivi per la fisica moderna”, Atti dell’Ateneo di scienze lettere ed arti – Bergamo – Rendiconti della classe di scienze fisiche; Volume XXXI) tutto l’universo, a scala cosmica sarebbe costituito da un fluido avente una densità cento miliardi di miliardi di volte inferiore a quella dell’acqua e la “materia” e la “energia” sarebbero costituite da moti rispettivamente circolari e ondulatori del fluido stesso (principio unifenomenico dell’universo fisico).
Tutto, nel mondo fisico “oggettivo” verrebbe quindi ridotto a spazio in movimento mentre alle decelerazioni dello spazio, in movimento continuo od alterno, contro gli organi sensori corrisponderebbero le diverse sensazioni di forza, elettricità, luce, calore, suono che rappresentano appunto le “apparenze” dell’universo psico-fisico (principio polifenomenico del mondo psichico).
E’ certo troppo presto per poter formulare un giudizio su una teoria che investe un campo così vasto. Ma è innegabilmente seducente la prospettiva di una tale semplificazione del pensiero fisico (restituito al semplice calcolo differenziale, alla geometria euclidea e a un sistema ristretto ed elementare di concetti) da reintegrarlo quasi automaticamente nel patrimonio culturale comune di ogni persona colta.

Patrizio Flavio