IL POPOLO, 31 gennaio 1961
L'antimondo
Da quando Parmenide aveva formulato in maiera drammatica
la sua grande opposizione tra l'essere e il no gran parte dell'umano cammino
nel campo della conoscenza dell'universo del parvente è legato all'affinamento
di particolari sistemi di contrari. Si pensi all'enorme importanza che sin
dai primordi ebbe il pari e il dispari nelle matematiche e poi il negativo
e il positivo nella elettrologia e al ruolo odierno delle particelle e antiparticelle,
dei virus e antivirus e persino della materia e antimateria nelle più
audaci concezioni di alcuni fisici moderni. Già F. Severi, fin dal
1946, aveva suggerito di considerare le antiparticelle "come ombre gettate
nello spazio-tempo dalle particelle vere e proprie che intersecano con la
parte sperimentale lo spazio dove viviamo", e cioè quasi come
"forma" (intesa aristotelicamente) delle particelle che appaiono
nel nostro mondo. La successiva conferma sperimentale dell'antiprotone portò
a considerare genericamente come "antiparticelle" l'elettrone positivo
e l'antineutrone e si cominciò così a parlare della antimateria,
che negli antielettroni e antiprotoni avrebbe i suoi componenti di base così
come elettrone e protone lo sono per la materia della accezione comune. Una
ulteriore audace (e secondo molti azzardata) costruzione concettuale potò
a ipotizzare un vero e proprio mondo di "retroscena" o della "antimateria",
coniugato al nostro mondo "di scena" (o della "materia) da
un "principio di scambio".
Secondo questo audace pensiero quando particelle e antiparticelle (o se si
preferisce briciole di materia e antimateria) si incontrano e sembrano annichilirsi
tornerebbero invece semplicemente a essere "materia pura". Una materia
estremamente più sottile di questa che ci circonda e della quale l'uomo
può cogliere gli eventi offrendo a questi la sua struttura corporea
e realizzando così l'unità di una convergenza spazio-temporale;
una "materia" evanescente e inconoscibile ai sensi formerebbe questo
antimondo, che gonfia la scienza moderna di mito. Questo antimondo, come nota
su la "Nuova Antologia" l'ingegner F. Pannaria (cui si deve, sin
dal 1949, la formulazione del concetto di antimondo e del principio di scambio),
è comunque entrato a far parte delle Enciclopedie e, insieme al principio
di scambio, sembra destinato a portare luce in campi molto estesi e persino
in quello della biologia che, attraverso una dialettica di "virus"
e "antivirus" e di "livelli energetici", potrebbe essere
conquistata a una analisi dinamica capace di esprimere Ii risultati in termini
quantitativi. È infatti ancora lo stesso autore a proporre insidiose
e suggestive analogie a margine dei lavori di immunologia che hanno fruttato
I premi Nobel 1960 a F. Mac Farlane Burnett e a P.B. Medawar. Secondo queste
interpretazioni, la cellula eccitata produrrebbe "virus" così
come l'atomo eccitato emette "quanta" di energia; ferma restando
la natura chimico_fisica di un determinato "virus" la sua azione
patogena dipenderebbe esclusivamente dal "livello energetico" raggiunto.
Ovviamente è ancora troppo presto perchè si possa esprimere
un parere su queste proposizioni per molti aspetti così enigmatiche.
Si può però notare che dopo molti anni di una fisica figlia
del più rigido e saccente illuminismo si stanno riaprendo interessanti
prospettive su una sconcertante fisica mitica che era stata imprudentemente
proclamata non vera. Nel solo corso del gennaio 1961 sono stati resi noti
i risultati di un esperimento del prof. Todeschini che sembra sollevare dubbi
sulla validità di alcuni enunciati relativisti e le prime osservazioni
a margine di quel "Congresso del ritmo", tenutosi presso l'università
di Perugia, durante il quale è stata tranquillamente riaffaciata la
legge (ritenuta per molti secoli antichi e poi pazzesca negli ultimi cento
anni) della unità organica di veri e propri ritmi vitali umani e cosmici.
Poco meno di una riaffermazione di unità cpsmica che si traduce nel
sicronizzarsi e nell'interferire di innumeri aspetti ritmici che pervadono
l'universo dalle galassie all'atomo all'uomo nella sua concretezza.
Naturalmente non è possibile distinguere ancora chiaramente le linee
di probabile sviluppo di queste strane fisiche e biologie che urgono e insidiano
le porte di quell'edificio della "scienza classica" che con le considerazioni
relativiste sembrava giunto a sfidare un altissimo fastigio di certezza. Il
mondo dei fisici è quello di ciò che cade nel dominio dei loro
strumenti; molte cose però, costruite dalla mente e quasi divinate
da un mitico antimondo, prima di ogni possibile corretta applicazione delle
leggi scientifiche della induzione, furono poi trovate vere "in re"
come, molto prima, lo erano state magicamente "in intellectu".
Patrizio Flavio