CORRIERE DELLA SERA 30 luglio 1952
Scienziati americani a consulto sul mistero dei piatti volanti
Le segnalazioni si moltiplicano intorno a Washington – Primi commenti alle esperienze del prof. Loschi
Da quando, il 24 giugno 1947, un ignoto
pilota di un apparecchio privato annunciò di avere visto
alti nel cielo, nei pressi di Monte Rainier, nello stato di Washington,
degli strani oggetti somiglianti a “piattini”, si
è iniziata l’era dei dischi volanti; era che ha i
suoi alti e bassi, i suoi momenti di stasi e i suoi momenti di
vita intensissima, ricca di novità e di imprevisti.
Nessuno probabilmente, cinque anni fa, avrebbe previsto che alti
ufficiali delle forze aeree americane, assolutamente incapaci
di risolvere il mistero, avrebbero chiamato in ausilio i più
eminenti fisici americani e che al Pentagono si sarebbe tenuta
una conferenza stampa per rispondere alle domande dei giornalisti:
è quello che è accaduto oggi a Washington, ed è
forse uno dei rari casi in cui si sia avuta l’impressione
che gli intervistati non ne sapessero poi molto di più
degli intervistatori. Infatti tutto quello che ne è venuto
fuori è che l’Aeronautica ritiene si tratti di fenomeni
naturali.
Anche oggi per cinque ore consecutive, e cioè dall’una
fin verso le sei a.m., il centro di controllo dell’aviazione
civile registrava sui suoi apparecchi radar il passaggio di misteriosi
oggetti che viaggiavano ad una velocità tra 160 e 190 chilometri
all’ora incrociando in un arco di circa 16 chilometri intorno
alla capitale. A un certo momento gli apparecchi radar registrarono
da otto a sedici “oggetti” al medesimo tempo.
Il pilota di un Constellation in volo sulla zona è stato
invitato per radio a controllare la presenza delle strane “cose”,
verso le tre di stamane, ma egli ha riferito di non avere visto
alcuna luce, nonostante che la visibilità in quel momento
si estendesse fino a ventiquattro chilometri. Ma al centro di
controllo i radaristi scorgevano nettamente, sui loro schermi,
che “quei cosi” sparivano quando il Constellation
si avvicinava alla loro zona, per poi ricomparire dopo il passaggio
del velivolo.
Un’altra strana constatazione è che il pilota di
un apparecchio a reazione, la cui velocità di volo è
infinitamente superiore, si è dichiarato incapace di raggiungere
i misteriosi oggetti.
Le autorità militari si affannano ad assicurare che, comunque,
il fenomeno non rappresenta un pericolo per la sicurezza degli
Stati Uniti e che è destituita di qualsiasi fondamento
la voce circolante con insistenza che si tratterebbe di esperimenti
militari americani, forse di missili controllati, su cui si vorrebbe
naturalmente mantenere il segreto.
Un alto ufficiale dell’aeronautica, di cui si tace il nome,
riassumeva così la situazione: “non sappiamo di che
cosa si tratti e non siamo noi che vogliamo fare misteri!; e aggiungeva:”
pure non potendo escludere in modo assoluto che si tratti di visitatori
di un altro Paese o di un altro pianeta, riteniamo piuttosto che
siamo in presenza di fenomeni fisici di cui non conosciamo l’origine
e che non siamo, quindi, in grado di identificare”.
Per rimanere sul terreno dei “fenomeni fisici”, la
notizia delle esperienze atomiche svoltesi in Italia e la rettifica
del ministro della Difesa Pacciardi vengono riportate con tutto
rilievo dalla stampa. Il New York Times fa seguire una corrispondenza
di Cortesi dall’articolo esplicatore del redattore scientifico
William Lawrence, il quale scrive che la trasformazione degli
atomi di idrogeno in elio, generalmente conosciuta col nome di
reazione termonucleare, “ha bisogno di temperature così
enormi che può essere ottenuta sulla Terra unicamente attraverso
la bomba atomica, che genera temperature dell’ordine di
50 milioni di gradi centigradi. Quasiasi contraria asserzione
dev’essere accolta dagli scienziati “cum grano salis”.
Altri giornali invece osservano che, se pure si tratti di una
esplosione in miniatura”, essa dimostra che le ricerche
atomiche italiane sono più progredite di quanto non si
pensasse.
Alcuni scienziati atomici in interviste concesse alla stampa,
hanno rilevato poi che, se veramente la sintesi dell’elio
dall’idrogeno si fosse ottenuta, sia pure in minime quantità,
l’esperimento di Loschi avrebbe una importanza fondamentale
per la produzione di energia che accompagnerebbe la sintesi.
Ugo Stille