Gli
Egiziani sono i primi che ritennero come pratica religiosa di non
aver contatto con donne nei templi e di non entrarvi, dopo il contatto,
senz’essersi lavati. Quasi tutti, invece, gli altri uomini,
eccetto Egiziani e greci, si uniscono alle donne nell’interno
dei templi. (fig.7)
Con le parole di Erodoto (Hist.,II.64), “...gli altri uomini,
eccetto Egiziani e greci, si uniscono alle donne nell’interno
dei templi”.
È strano che proprio i greci abbiano sentito il bisogno di elevare
la verginità a modello, proprio loro che uscirono dalla struttura
mentale tribale, con le sue restrizioni e compressioni, e poterono
così risolvere la tensione libidinosa in uno sfogo pulsionale estroverso,
sgombrando la strada alla permissività sessuale, alla tolleranza e
alla rappresentazione del corpo nudo come modello di bellezza e perfezione
al punto di elevarlo a valore religioso,
Essi, a differenza degli altri uomini, non si uniscono alle donne
all’interno dei templi. Ai templi era riservato l’altro
polo, quello della verginità.
Nell’Oriente semitico non esiste il mito della verginità. Tutte
le dee falliche sono dee della fertilità e prostitute sacre.
Ashera, adorata anticamente dagli ebrei, era la “Creatrice
degli Dei” ed era rappresentata come una prostituta nuda, chiamata
“Santità” (Julius Wellhausen, Prolegomena to the History
of Ancient Israel, The Meridian Library, New York 1957, p.447)
Per i semiti il pene femminile non solo non era tabù, ma era la rappresentazione
scenica della fase immediatamente precedente la deflorazione, come
la verginità di Eva e il suo colloquio con il serpente sono la rappresentazione
scenica precedente la cacciata dal Paradiso Terrestre, e quest'ultima
rappresenta l’atto di stupro - deflorazione - evirazione.
Le dee occidentali consideravano la verginità un privilegio
che poteva essere concesso da Zeus per meriti speciali, come
nel mito di Estia (K.Kerenyi, Gli Dei della Grecia, p.83), figlia
di Crono e di Rea, che poté rifiutarsi ad Apollo.
Vediamo come le dee vergini si difendono, e si vendicano ferocemente
degli uomini che tentano di deflorarle, cioè di evirarle.
I greci, che nella vita giornaliera hanno come modello la permissività
sessuale, si creano un modello alternativo che faccia da compensazione,
e ristabilisca l’equivalenza di valori in un equilibrio ideale,
e creano il mito della verginità.
La dea da loro più venerata, insieme ad Afrodite, era Pallade Atena,
e queste erano i due poli di un'unica equivalenza.
VERGINITÀ E MATERNITÀ
Atena era considerata Parthenos, vergine, ma veniva invocata
nello stesso tempo anche come Meter, madre. Vi è una strana storia
sulle sue nozze, in cui essa non perdette la verginità, ma dopo le
quali affida ugualmente un bambino alle figlie di Cecrope, re della
sua amata città di Atene È difficile non notare la somiglianza
tra questa storia e il mito cristiano del parto verginale di
Maria.
Anche la Grande Madre degli Dei dell’Asia Minore veniva denominata
dai greci ”La Grande Artemide”. La Diana di Efeso era
rappresentata con numerose mammelle ed era denominata Artemis polymastos,
la madre universale che allatta l’intera umanità.
L'ARTEMIDE DI EFESO
L’identificazione
di Artemide con la Vergine riceve conferma dal fatto che a Efeso,
dove era considerato cardinale il culto di Artemide-Diana, sorse la
prima grande basilica in onore di Maria, al posto del grande tempio
di Artemide che era considerato una della meraviglie del mondo antico.
Quindi vediamo come le due grandi dee vergini del mondo greco Artemide
e Pallade Atena fossero entrambi contemporaneamente “Grandi
Vergini” e “Grandi Madri”. (fig.8)
In Occidente la maternità, invece di essere legata al concetto di
copulazione come sarebbe logico aspettarsi, è legata al concetto di
verginità. Afrodite non fu una vera dea-Madre e anche Era, la regina
degli dei, era più associata al concetto di moglie che di madre. I
greci non solo separarono tra le due funzioni, quella di madre e di
amante, ma le resero antitetiche: la maternità viene associata alla
verginità. Delle tre dee falliche, Atena, Artemide, Persefone, le
prime due rimasero vergini e diventarono Grandi Madri, mentre la terza
fu deflorata, e divenne dea degli Inferi, cioè dei morti invece che
dei vivi. L’equazione diventa ora chiara: verginità = maternità
= vita, mentre invece deflorazione = morte.
Il cristianesimo ha accentuato questa chiave di lettura, ma come abbiamo
visto esisteva inequivocabilmente già nel mondo greco-romano.
La Vergine è madre e partorisce il Dio della vita, ovvero, partorisce
Dio grazie alla sua verginità.
In Occidente l’implicazione che il rapporto sessuale sia di
per sé peccato, porta alla morte e alla dannazione. Questa equivalenza:
copulazione = peccato = morte è una delle equivalenze base della cultura
occidentale. L’Occidente non ebbe bisogno di imparare il concetto
di peccato dai giudei, come pensa erroneamente Nietzsche. Questo concetto
esisteva in forma embrionale, ma ben definita, all’interno della
propria cultura. Nel momento di crisi questo concetto di peccato prese
il primato su quello di permissività sessuale, che i greci gli avevano
istituito accanto.
Una cultura può attingere solo da se stessa. Il contatto con altre
civiltà può al massimo stimolare la ricerca di soluzioni verso una
direzione piuttosto che un’altra. Il contatto dell’Occidente
con i giudei, in un momento di crisi esistenziale, servì da ispirazione
a rivolgersi verso quei modelli, che erano però già stati elaborati
in maniera autoctona. È piuttosto il caso di pensare che l’influenza
sia avvenuta in direzione opposta, e che sia stata l’influenza
ellenica a penetrare la cultura ebraica con concetti come l’immortalità
dell’anima, il mondo dell’aldilà, il castigo e la retribuzione
di peccati e meriti dopo la morte, quando queste culture entrarono
in contatto fra di loro. Tutti i concetti di filosofia e di metafisica
sono infatti estranei all’ebraismo
Come
abbiamo visto, la condensazione simbolica, nel mito come nel sogno,
è estremamente precisa. Dopo averlo trattato sommariamente, riassumeremo
ed esamineremo ora più da vicino il simbolismo che accompagna il mito
di Persefone. La dea, che faceva parte della triade di dee olimpiche
vergini, insieme ad Atena e Artemide, e quindi avrebbe dovuto avere
anche lei un’arma come il pene apotropaico; ma poichè fu rapita
e deflorata questo simbolo venne soppresso. In certe rappresentazioni
le viene restituito l'arcaico serpente pre-olimpico, ma diventò l’unica
dea occidentale, non vergine, ad essere accompagnata da un simbolo
fallico. L'allusione è che fosse deflorata ma vergine allo stesso
tempo, la condensazione di due opposti. Infatti, nel mito come nel
sogno, non esiste il principio di non-contraddizione.
Il mito stesso ci racconta di una dea che, malgrado apparentemente
deflorata da Ades, dalle parole di Kerenyi rimane vergine-sterile.
Il mito orfico secondo il quale Zeus si sarebbe unito alla dea nelle
spoglie di un serpente e da questa unione sarebbe nato Dioniso, non
allude a un’unione eterosessuale, bensì Zeus nelle vesti di
serpente rappresenta il pene verginale di Persefone, come il serpente
che colloquiava con Eva nel Paradiso Terrestre.
Lo Zeus dei miti orfici, di cui questa storia fa parte, oltre ad essere
dio del cielo e delle sfere superiori, era anche detto Zeus Katachthonios
o Chthonios, era cioè anche uno Zeus sotterraneo e questo, a sua volta,
non era che un altro nome per Ades. Quando si parla di un “altro
Zeus”, “dell’ospitale Zeus dei defunti”, s’intende
immancabilmente Ades e l'unione rappresenta più l’unione simbolica
con uno spirito che con il Zeus olimpico, di cui conosciamo così bene
le altre avventure romantiche che si concedeva.
A questo proposito è molto illuminante riportare una credenza diffusa
nella tribù australiana degli Arunta, che abolisce la connessione
esistente tra atto sessuale e concepimento. Quando una donna si sente
madre, ciò significa che uno degli spiriti che sonnecchiano in attesa
di rinascere è penetrato nel suo corpo provenendo dal più vicino luogo
degli spiriti, e viene partorito da lei in forma di bambino (S.Freud,
“Totem e Tabù”, in op.cit., Vol. 7. pp.118-121).
Il concepimento indipendente dall’atto sessuale, e per opera
di uno spirito, non fu dunque un’innovazione del cristianesimo.
Il mito greco stesso ne conservava le tracce dalla sua lontana preistoria.
Quindi vediamo che il mito si svolge parallelamente in due strati:
il primo è quello in cui la dea ha rapporti con il serpente, come
simbolo del proprio pene verginale, come Eva nel mito biblico, e da
questo rapporto autoerotico nasce Dioniso, mentre invece dal rapporto
autoerotico di Eva non avviene nessuna concezione, poiché il concetto
di verginità = maternità è estraneo alla mentalità semitica.
In questo strato del mito di Persefone, come fantasia che si accompagna
alla masturbazione, il proprio serpente-pene verginale diventa Zeus-serpente,
cioè uno spirito che il mito cristiano tradurrà in Spirito Santo.
Ed ecco che il colloquio autoerotico di Eva con il suo serpente trova
il suo corrispondente nel «colloquio» di Persefone con Zeus-serpente.
A differenza del mito semitico, dove Asherah, la prostituta nuda,
è madre di tutti gli dei, e Eva, la Grande Madre delle tribù ebraiche,
diventa tale dopo che suo marito la «conobbe», la Grande Madre occidentale
diventa tale solo rimanendo allo stadio autoerotico, vergine, alla
pari di Atena e Artemide, le altre due Grandi Madri della mitologia
occidentale.
Il secondo strato è quello in cui ha rapporti con Ades, che non è
che la versione arcaica di Zeus, che porta alla sua deflorazione e
perdizione, dopo la quale però rimane sterile.
Il mito qui non è chiaro, poiché più che di rapporti con Ades si parla
del suo ratto mentre stava cogliendo fiori. La sua de-florazione è
implicata solo da questo simbolismo e forse il mito intende una deflorazione
simbolica come equivalenza della sua verginità: la condensazione dei
due opposti in uno, una dea che sia vergine che deflorata, e quindi
condannata agli Inferi allo stesso tempo. La condanna agli Inferi
è parziale: una parte del tempo con lo sposo e una parte con la madre,
come dire metà vergine e metà deflorata. Anche dopo il suo «rapporto»
con Zeus-serpente la dea rimase vergine e il suo fu un parto verginale
come quello di Atena e della Vergine Maria. Anche il fatto che da
esso nacque Dioniso, il dio destinato a morire dilaniato dai Titani
e a risorgere (K.Kerenyi, ibidem, p.210), allude al mito cristiano
dove la dea vergine partorì un dio destinato a morire di una morte
violenta e tragica e poi a risorgere.
Il mito di Persefone contiene tutti gli elementi principali del mito
biblico: i rapporti autoerotici di Eva con il serpente (Zeus-serpente
per Persefone) e deflorazione da parte di Adamo (Ades per Persefone)
dopo la cacciata dall’Eden, ma a differenza del mito semitico
dove ogni concezione è preceduta da un atto di deflorazione-evirazione
di carattere eterosessuale, Persefone concepisce Dioniso come conseguenza
del rapporto con uno spirito, cioè come conseguenza di un rapporto
autoerotico.
Dopo il rapporto autoerotico con Zeus-serpente partorisce Dioniso,
mentre dopo il rapporto-deflorazione con Ades rimane sterile, quindi
non dal suo rapporto eterosessuale con Ades concepisce e partorisce
bensì, al contrario, da questo rapporto «non ne nasce nulla».
La deflorazione corrisponde alla cacciata dall’Eden per Eva,
e per Persefone corrisponderà alla condanna agli Inferi. In entrambi
i casi, dopo il rapporto autoerotico avviene la deflorazione-evirazione
del rapporto eterosessuale, come il susseguirsi di due stadi inevitabili
nell’evoluzione della donna, in cui il secondo allude a una
conseguenza e un castigo per il primo. Le differenze tra il mito greco,
che continuerà a sussistere quasi invariato nel cristianesimo, e il
mito ebraico, sono le seguenti:
1) Persefone, malgrado la sua apparente deflorazione per mano di Ades,
rimarrà essenzialmente una dea vergine (sterile, secondo Kerenyi)
e la sua concezione di Dioniso da Zeus-serpente una concezione immacolata,
mentre Eva, dopo la sua cacciata-deflorazione-evirazione dal Paradiso
Terrestre partorì Caino, Abele e figli e figlie, e diventò la Madre
di tutti i viventi attraverso il rapporto eterosessuale e il parto.
2) Nel mito ebraico non esiste allusione alcuna alla Santa Trinità
3) Nel mito ebraico non esistono allusioni al culto del Bambino, che
sembra più un culto radicato nel modus mentale indoeuropeo, come in
India.
Persefone sarà la dea della fertilità occidentale come Eva lo era
stata per le antiche tribù ebraiche.
Un’ulteriore allusione alla sua natura di dea della fertilità
si trova sia nelle sue radici, sia nel ruolo che adempie nel mito
dopo essere stata rapita. Ella è figlia di Demetra, dea delle messi,
e attraverso la sua discesa e salita dagli Inferi, rappresenta il
cambiamento delle stagioni, che permette la semina e il raccolto.
Il mito occidentale ha sviluppato dal primario concetto della fertilità,
intesa come prolificazione, il concetto di fertilità, nel senso di
produzione agricola e fertilità della terra, come era successo precedentemente
nel Medio Oriente, quando le tribù seminomadi del periodo calcolitico
erano diventate residenti fissi e si erano costituite nelle grandi
civiltà del fertile crescente: Sumeri, Egizi, i Babilonesi, Fenici
e Cananei. L’arcaico senso di fertilità, intesa come prolificazione,
fu tradotto in culti della fertilità della terra. In Babilonia, in
Siria e in Palestina, il dio Tammuz moriva all’inizio della
primavera per risorgere con le prime piogge, ricalcando il molto più
antico culto sumerico di Inanna-Dumuzi. I Sumeri erano infatti stati
i primi a costituirsi a civiltà, in concomitanza agli Egizi, per i
quali gli stessi culti di morte e resurrezione venivano personificati
nel culto di Osiris. Questi giovani dei venivano pianti dalle madri
che avevano perso il loro amante: Inanna, Isthar-Astarte, Iside, che
diventarono dee della fertilità dei loro popoli. In Mesopotamia e
Siria-Palestina erano prostitute sacre.
Fino al sesto secolo a.C. questo culto veniva perpetrato anche nel
tempio di Gerusalemme, con grande disappunto dei profeti: “Mi
condusse all’ingresso del portico della casa del Signore che
guarda a settentrione e vidi donne sedute che piangevano Tammuz”
(Ezechiele 8,13).
Persefone non sarà mai una prostituta sacra poiché, come abbiamo visto,
la psiche occidentale sviluppò altri bisogni, ma mantenne quello strano
serpente enigmatico: lei non più vergine (forse) e mai prostituta
sacra.