IL LINGUAGGIO DELLE STELLE E L'EVOLUZIONE DEL PENSIERO OCCIDENTALE

(PRIMA PARTE)

 

- Dal Libro di Daniele (Libri Profetici) – cap. 4. …Nabucodonosor racconta il suo sogno:

 

[1] Io Nabucodònosor ero tranquillo in casa e felice nella reggia,

[2] quando ebbi un sogno che mi spaventò. Le immaginazioni che mi vennero mentre ero nel mio letto e le visioni che mi passarono per la mente mi turbarono.

[3] Feci un decreto con cui ordinavo che tutti i saggi di Babilonia fossero condotti davanti a me, per farmi conoscere la spiegazione del sogno.

[4] Allora vennero i maghi, gli astrologi, i caldei e gli indovini, ai quali esposi il sogno, ma non me ne potevano dare la spiegazione.

[5] Infine mi si presentò Daniele, chiamato Baltazzàr, dal nome del mio dio, un uomo in cui è lo spirito degli dei santi, e gli raccontai il sogno

[6] dicendo: «Baltazzàr, principe dei maghi, poiché io so che lo spirito degli dei santi è in te e che nessun segreto ti è difficile, ecco le visioni che ho avuto in sogno: tu dammene la spiegazione»…………………………

Come ci narra questo brano tratto dal Libro di Daniele, dell’Antico Testamento, nell’antichità  lo studio dell’Astrologia era prerogativa esclusiva di pochi iniziati e di sapienti, e le figure del Re, del sacerdote e dell’astrologo  erano le uniche degne alla cui attenzione porre gli eventi del cielo e i loro significati. (Fig.1 - Stele di Ur Nammu - 2100 a.C.)

L’Astrologia si basa sullo Zodiaco, che significa letteralmente fascia di animali, e si compone di 12 segni, o figure allegoriche, originatesi, secondo tradizione diffusa, all’epoca dei Caldei, che divisero virtualmente il cielo in 12 settori uguali, attribuendo ad essi dei nomi che poi giunsero in seno alla cultura greca e romana pressochè inalterati.

Alcune tradizioni mitologiche e orali indicano addirittura questa materia come antico dono degli dei all’umanità, e in Grecia si ritenne che il dio olimpico che donò questo sapere e questa forma di saggezza universale, fosse Urano.

L’Astrologia è in effetti la sola metodologia elaborata  circa il rapporto dell’uomo con la natura circostante e con se stesso.

Le costellazioni ,i cui animali  danno il nome ai segni, sono in realtà ciascuna di una ampiezza diversa rispetto ai trenta gradi attribuiti, a seconda del numero di stelle che le compongono, e della porzione di cielo che occupano, e non contengono certo tutte le stelle a noi visibili, ma quelle che sono  ritenute comunque importanti  e astronomicamente salienti. Le stelle e le galassie che noi in realtà oggi conosciamo e vediamo sono infinitamente di più di quelle contenute nelle singole costellazioni tradizionali.

Questa materia ha affrontato le molte e alterne vicende della storia per arrivare sino ai giorni nostri, in cui la precisione degli strumenti ottici per l’osservazione del cielo e la misurazione del moto degli astri vantano una precisione che anticamente non era  pensabile.

Eppure effemeridi precise ci sono misteriosamente giunte dalla Cina, riportanti annotazioni di eventi celesti accaduti  parecchi millenni or sono, senza che riuscissimo a spiegarci come avessero potuto fare osservazioni e studi così accurati circa per esempio l’analisi dei passaggi cometari avvenuti alcuni millenni prima di Cristo.

La relativa recente scoperta di nuovi pianeti e stelle rispetto all’antichità ha consentito la rettifica, o spesso la conferma di molte teorie avanzate da astronomi e astrologi antichi circa la possibile presenza di corpi celesti non ancora identificati, ma la cui influenza era stata già ipotizzata e teorizzata con precisione.

Astronomia e astrologia, lo ricordiamo, un tempo erano infatti quasi la stessa cosa.

La scoperta per esempio di Nettuno (1846), Urano (1871) e Plutone (1930) confermarono alcuni di questi studi degli antichi.

Grazie a numerosi documenti preziosi pervenutici da ogni epoca e da ogni cultura , disponiamo oggi di una quantità di scritti astrologici, raccolti in opere vaste  presso musei e collezioni private di ogni luogo del mondo, e corredate da un repertorio iconografico di splendida bellezza, composto da steli epigrafiche, dipinti tombali di varie epoche, affreschi, miniature, papiri , sculture simboliche e fregi, non di rado poste all’interno e all’esterno di Templi, come possiamo trovare numerose in Grecia, in Egitto. Anche il prezioso contributo testuale della cultura araba va ricordato, e la difficoltà di traduzione dei numerosi testi ha impegnato largamente studiosi sin dai tempi remoti, e forse in parte limitato l’immediata comprensione dei metodi interpretativi complessi usati da questa popolazione. Rispetto ai sistemi di decodificazione occidentali infatti, l’astrologia araba e indiana  rappresentano anche oggi la parte più difficile (ma anche la più straordinariamente dettagliata) della tecnica astrologica applicata.

Ma esaminiamo brevemente i mutamenti del pensiero astrologico occidentale in un percorso  attraverso le epoche e i popoli che per primi si sono rivelati esperti conoscitori e spesso ,adoratori delle stelle.

 

1-Gli Assiri-Babilonesi e i Caldei.

Sono state ritrovate più di 4000 tavolette in caratteri cuneiformi contenenti iscrizioni di tipo astrologico, che riportano dettagliate osservazioni celesti risalenti circa al 2000 a.C, ed esse costituiscono all’oggi la raccolta più antica di documenti dell’età Babilonese. (Fig.2)

Furono trovate nel luogo ove sorgeva l’antica Ninive e appartenevano alla biblioteca del re Assurbanipal, essendo queste  presumibilmente traduzioni dal sumerico di precedenti documenti, risalenti ai popoli che prima dei babilonesi si erano stanziati in Mesopotamia nel 3000 a.C.

Questi popoli studiavano da alture e osservatori sparsi nel paese, il movimento degli astri e dei sette pianeti allora già conosciuti. Gli osservatori erano spesso, ma non necessariamente, posti in corrispondenza dei luoghi di culto, per trarne auspici e previsioni sulle molte campagne militari e principalmente sugli eventi legati ai regni.

L’uso dell’astrologia sul piano personale , ossia circa eventi dei singoli individui, è una pratica di molto  successiva, e anticamente le stelle venivano interpellate esclusivamente circa gli eventi comuni a tutto il regno, le nascite dei singoli re, e le vicende legate alla loro stirpe.

Assiri e Babilonesi tuttavia condivisero ampiamente territori e cultura con i Caldei, che dal II millenio a.C in poi arricchirono le cognizioni astronomiche e astrologiche di raffinati studi circa le eclissi .

 

2-India e Persia.

Anche se l’astrologia occidentale fatica a ricostruire i suoi legami con quella orientale, la presenza comune di radici è indiscutibile, e va quasi certamente ricondotta all’eredità dell’antica India vedica, e delle popolazioni stanziatesi nella Valle dell’Indo alcuni millenni prima di Cristo.

Fino a pochi decenni fa si riteneva che il penetrare della astrologia  in India risalisse all’avvento dell’era del Budda, ossia 560-480aC, epoca in cui effettivamente essa ebbe una grande diffusione, e in Persia e in Cina si riteneva che la sua diffusione fosse contemporanea a quella  del confucianesimo, ma abbiamo motivo di credere che la padronanza di questa materia in India, in Cina, in Giappone, e soprattutto in Persia siano ben più remote, come testimoniano  ritrovamenti nella Valle dell’Indo di tavolette in argilla con iscrizioni e caratteri di tipo solare e lunare, e se guardiamo al contenuto dei Veda, i Libri Sacri dell’India arcaica, i riferimenti astrologici sono molti e precisi, con posizioni e aspetti celesti che risalgono addirittura a 95000 anni fa.

Le numerose inondazioni dell’area dell’Indo e del bacino tra il Tigri e l’Eufrate hanno plausibilmente sepolto la maggioranza delle aree sacre destinate al culto e allo studio delle stelle, e ci è difficile oggi comprendere se la diffusione di questa cultura fosse davvero a vantaggio delle sole caste iniziatiche e sacerdotali o se fosse utilizzata, sebbene in forme  meno importanti, anche tra  la popolazione, come è presumibile, per trarne nozioni atte a programmare e auspicare il successo delle attività agricole e della caccia .

La ritualità con cui il mondo antico si avvicinava ai cicli della natura, e alle esigenze della sopravvivenza, ci suggerisce infatti che in essa e nei suoi misteri non svelati trovasse la ragione della pratica dei culti, che avevano molto a che fare con la magia e con la divinazione.

Era pertanto di grande importanza riuscire primariamente ad assoggettare le forze indomite della natura per garantirsi la sopravvivenza, piuttosto che creare inizialmente delle forme di religiosità basate sulla venerazione di manifestazioni naturali, quali il moto e la periodicità degli astri potevano pure rappresentare .

Come poteva l’uomo venerare sinceramente ciò che poteva essere anche motivo di “disastro”, come il passaggio di alcune comete, o particolari congiunzioni, se non dopo averne studiato e compreso gli effetti nei secoli, e in qualche modo esorcizzato il pericolo? Ed il pericolo si dominava con il calcolo, con lo studio, con la previsione del ripetersi degli stessi eventi.

Ecco che allora comprendiamo come nell’uomo antico, dalla paura dell’ignoto celeste si passi lentamente nei secoli e nelle culture più evolute, alla venerazione e all’adorazione  di certi particolari astri, che erano considerati benefici poiché al loro apparire nel cielo non corrispondevano catastrofi e eventi imprevedibili, ma anzi seguivano i periodi dell’anno in cui la prosperità della vita era all’apice, in cui le acque e la terra erano armoniosamente sottomesse all’ordine .Per gli Assiri e i Babilonesi l’importanza dei transiti di Venere e Marte, nonché della Luna erano molto importanti, come presso tutte le popolazioni insulari e fluviali.

 

3-Gli Egizi e la Scuola  Alessandrina.

Analogamente all’India, a lungo si pensò che l’approfondimento della astrologia in Egitto fosse avvenuto durante il tardo periodo dinastico (Fig.3 - Graffiti del Tempio Dendera), ossia quando era già sotto la dominazione greca, ma ci sono troppi elementi che fanno ritenere la conoscenza del linguaggio planetario e delle stelle di molto precedente, plausibilmente già fiorente in seno all’Egitto pre-dinastico, e che la presenza del culto solare avesse come logico corollario lo studio dei principali pianeti, e almeno delle stelle maggiormente visibili.

Fra i testi pervenutici sotto forma di papiri e iscrizioni sui templi appare l’intento di segnare in rappresentazioni grafiche e schematiche determinati avvenimenti celesti,e di legarli, tramite raffigurazioni sceniche, alle stagioni dell’anno, a particolari divinità ad esse associate, ad eventi salienti che accadevano proprio sotto l’egida protettrice di certe costellazioni, e questa  ipotesi di una certa perizia astronomica e quindi anche astrologica degli antichi egizi, trovarono conferma recente anche negli studi di tipo archeostronomico . (Fig.4 - Tomba di Seti I - Graffiti)

Nella tarda età egizia invece, durante il termine del regno e delle sue potenti dinastie, presso la scuola di Alessandria venne compilata un’opera su papiro ritenuta di grande importanza per le generazioni successive ,opera sostanzialmente di rivelazione, destinata al faraone e alla sua casta, e  consistente in due testi redatti in lingua greca, un summit delle conoscenze astrologiche sino ad allora detenute dalla cultura egizia, assai  influenzate tuttavia con nozioni successive già proprie della cultura greca,e che nel periodo precedente alla nascita di Cristo, avevano trovato splendido interprete  in Ipparco di Nicea e nella sua scuola.

Tale scuola rispecchiava la sapienza ellenica con atteggiamento analitico, scevro da eccessivo misticismo di cui l’epoca caldea  aveva caricato le interpretazioni simboliche.

Nel  pensiero di Ipparco brillano concetti ampi del mondo naturale e della creazione , e una acuta volontà di analisi degli aspetti manifesti e di quelli latenti, i cui principi erano da riscontrare nelle leggi dei cicli naturali  di cui le stelle erano in certo senso maestre .

Se escludiamo il patrimonio epigrafico , scultoreo e pittorico, tutti  i documenti  cartacei di cui all’oggi ci possiamo servire sul piano interpretativo sono  appunto in lingua greca, e va notato che nell’opera di Ipparco, che fornirà poi il basilare terreno di studio a Tolomeo, nella redazione del suo Tetrabiblos, si annotano le coordinate celesti e la nomenclatura di più di mille corpi celesti, studi inerenti la precessione degli equinozi e le importanti attribuzioni della simbologia planetaria sul corpo umano, aprendo così la strada alla astrologia medica, finalizzata alla diagnosi e alla cura delle malattie.

In questi approfondimenti preziosi della scuola greco-alessandrina erano supportati da studi matematici avanzati ,e sostanzialmente erano motivati dalla convinzione che a ogni situazione celeste corrisponda un eguale sul piano terrestre, pure degnamente riassunto anche nel microcosmo del corpo umano, e si può vedere qui la principale influenza della filosofia ermetica originatasi da Ermete Trismegisto, il grande filosofo egiziano ,che indagava meticolosamente ogni aspetto della natura materiale e immateriale, sempre cercando attentamente il rapporto celato con le dimensioni superiori, senza per questo conferire alla materia connotazioni astruse o soggettivamente troppo misticheggianti, atteggiamento questo che le conferiva al tempo carattere di scienza, più che di divinazione, scienza supportata da misurazioni astronomiche  rese possibili da avanzati strumenti ottici.

La divinazione era infatti delegata agli aruspici, che agivano tramite l’analisi delle viscere degli animali, oppure a oracoli che non necessariamente detenevano sapienza scientifica ma che operavano i loro vaticini sulla base di particolari poteri conferiti direttamente dalle divinità. La mitologia greca è ricchissima di questi personaggi, le cui vicende però dipendevano sempre dalla volontà di qualche dio dell’olimpo, che trovava il suo corrispettivo fisico nella luce e nello splendore di certi astri. (Fig.5 - lucerna etrusca con motivi astrali secolo VII a.C)

 

 

4-Greci, Romani e il pensiero neoplatonico.

Questo atteggiamento analitico e scientifico si ritrova anche nella cultura romana, presso la quale gli astrologi venivano chiamati semplicemente ”caldei”. In seguito alle guerre punichee ai fiorenti commerci marittimi giunsero a Roma notevoli influenze dall’oriente, iniziando a diffondere l’astrologia anche presso le masse, e non più solo nelle scuole ermetiche. (Fig.6 - Dio Fanes greco, poi Mitra romano)

Questa diffusione della materia tra la popolazione di culto pagano contribuì in un certo senso a “abbassare” il livello dei suoi praticanti, mentre i centri più autorevoli di studio rimanevano le scuole sapienziali di cultura greca ed egiziana, che la praticarono sempre  fondendo le sue  basi allo studio di altre materie quali l’alchimia, la botanica, la mineralogia e la medicina integrata, ed esercitando così uno “scomodo” potere sui cittadini, al punto che personaggi come Cicerone e Catone tentarono invano di bandirla dagli insegnamenti, e l’imperatore Cornelio sancì addirittura un divieto scacciando i “caldei” dalla città.

Ma ciò non fu sufficiente perché verso la fine dell’Impero Romano  anche le cerchie più alte dei potenti avevano accondisceso a questa disciplina  servendosene a piacere, e usando riprodurre il proprio segno zodiacale su stendardi e stemmi delle famiglie più potenti. Augusto fece poi coniare monete con il suo segno, il Capricorno. (Fig.7)

Tuttavia, entro  la contrapposizione tra sofisti da un lato e socratici e platonici dall’altro, inizia quel processo di fissione tutto occidentale tra astronomia e astrologia, che vedrà nell’opera di Tolomeo, il Tetrabiblos, (o Quadripartitum perché composta di quattro libri), il suo inesorabile principio, separando nei secoli a venire lo studio di queste due materie.

Tolomeo fu “allievo” di Ipparco, e nonostante i suoi intenti fossero anche quelli di dare carattere unitario allo studio delle stelle, separò la misurazione del loro movimento dall’influsso sull’uomo , pur asserendo che le cosiddette stelle fisse avevano persino una importanza maggiore delle stesse 12 costellazioni sul destino umano.

Stabilì  le categorie attuali di attribuzione rispetto ai “Pianeti signori dei Segni”, gli elementi (aria acqua terra fuoco) e presentò varie chiavi interpretative dell’oroscopo individuale, predisponendone ed incrementandone il successivo impiego per diversi fini. La sua teoria geocentrica dell’universo influenzerà infatti la cultura occidentale per i successivi 14 secoli.

La divisione di astronomia e astrologia che in occidente stava operandosi non avvenne affatto nel mondo orientale, e ciò può essere dovuto anche all’avvento dell’ era cristiana e all’influsso di certa deteriore cultura romana, benchè tutta la teologia cristiana si basi innegabilmente sul rapporto tra Uomo e Cielo, e reciproci rapporti, testimoniati nel temporaneo invio di un Figlio sulla Terra, che al cielo fa poi ritorno. Indubbio messaggero celeste, e corrispondente materiale e corporeo di una verità  superiore e celata, senza dubbio da interpretare.

La diffusione delle scuole neoplatoniche in tutto l’Impero Romano  di poco successive all’opera di Tolomeo, testimoniava una volontà di integrare e rendere unitari gli insegnamenti di Platone arricchendoli di tutti gli ulteriori contributi greci ed ellenici, e soprattutto di riunire le molteplici esperienze mistico-religiose  giunte a confronto diretto, sotto una paternità filosofica armonica.

Opere come quelle di Porfirio ad esempio, nel suo “Utrum Stellae Aliquid Agant” rappresentano una riabilitazione delle conoscenze astrologiche antiche  e un eroico tentativo di salvare l’eredità del pensiero greco, facilitando così l’inserimento dell’astrologia nel nascente  paesaggio teologico  cristiano.

Analoghi intenti si ravvisano in Plotino (205-270 d.C.), maestro di Porfirio, che  riconosce  il profondo legame esistente tra cielo e terra ,e cerca di liberare l’astrologia da credenze fatalistiche e dal mero determinismo delle influenze pagane sofferte nel decadente impero romano, ponendo  implicitamente l’accento sul libero arbitrio che l’uomo possiede, e arricchendolo di facoltà morali sufficienti a non sottostare passivamente all’influenza degli astri, ma servendosene anzi per il proprio miglioramento, in quanto essi interpreti delle volontà divine.

Questa sfumatura è importante, e rivela una fine conoscenza dei significati superiori  impiegati  nella Cabalah ebraica ,e una libertà ideologica e interiore dovute alla sua innata statura morale e intellettuale, tipica di molti filosofi di cui ci è pervenuto successivamente il pensiero.

Elementi di cabalismo sommati a conoscenze pitagoriche si riscontrano infatti numerosi e inconfondibili nelle scuole misteriche in tutto il periodo greco dei primi secoli, e verranno ripresi nei secoli successivi da eminenti astrologi come ad esempio Robert Fludd, nel suo Philosophia Sacra (1626).

 

 

Bibliografia:

“Il Libro della Astrologia Pratica”-M.Paltrinieri-E.Rader-Mondadori  1981

“Astrologia karmica”-Dorothèe Koechlin De Bizemont-Armenia 1983

“Alchimia e Mistica- Il Museo Ermetico”-di Alexander Roob-Ediz.Taschen-1997

“Enciclopedia dei Simboli”-AAVV.Garzanti-1991-95

“Enciclopedia dei Miti”-AAVV.Garzanti-1990-97

 

 

La seconda parte dell'articolo di C.Garavaglia:

"IL LINGUAGGIO DELLE STELLE E L'EVOLUZIONE DEL PENSIERO OCCIDENTALE"

 

 

1 - 2

C.Garavaglia (07/06/04)